Zeitgroup, azienda che eroga servizi “cloud pay per use” in tutta Italia, ha rinnovato la propria partnership con Happy Basket anche per la stagione sportiva 2021/2022, ma l’impegno di Antonio Borsetti, fondatore e titolare di Zeitgroup, non si limita a quello di sostenitore esterno, come lui stesso ci racconta.
Il tuo rapporto con Happy Basket è cresciuto per gradi: prima come tifoso e padre di Bianca (centro della Ren-Auto di Serie B), poi come partner con Zeitgroup e infine come membro del Consiglio Direttivo. Cosa ti ha portato ad essere sempre più coinvolto, nonostante il periodo storico sfavorevole?
«La scelta parte da lontano: Happy Basket è un gruppo e io credo da sempre nella forza del gruppo. Questa è la mia filosofia anche in azienda, il momento storico non mi interessa, è parte del mio background dare una mano a chi fa squadra. Di Happy Basket mi ha colpito l’affiatamento dei membri dello staff, persone appassionate che non cercano un tornaconto, ma che seguono, appunto, la propria grande passione. La scelta di entrare nel consiglio direttivo nasce non solo dal mio amore per lo sport, ma anche dalla mia curiosità professionale, perché mi interessa capire tutto quello che c’è dietro ad una società. E dietro ci sono, come dicevo, le persone, la squadra e tutte le dinamiche e le necessità inerenti all’organizzazione di un campionato, lavoro reso ancora più complesso e articolato dai protocolli e dalle procedure che il periodo impone. E’ un’esperienza che mi porto anche nel lavoro: mi piace vedere la partita, ma mi piace di più il contorno».
Come si fa, oggi, a coinvolgere sponsor in un progetto sportivo?
«E’ un momento difficile e le aziende disposte a cercare qualcosa oltre al denaro sono poche. Tutti vorrebbero avere qualcosa in cambio, ma io credo che sia necessario avere anche un ideale più grande. D’altra parte con le dinamiche in atto i campionati procedono a singhiozzo, il pubblico non c’è e trovare chi vuole sposare la causa è tutt’altro che semplice».
Tornando al basket, come vivi sugli spalti il tuo essere genitore?
«Avendo esperienze anche col ballo, tra l’altro a livelli di competitività molto alti, ho imparato che un genitore deve essere solamente spettatore senza entrare nelle scelte di società ed allenatore. E’ deleterio: un genitore deve sostenere il proprio figlio e augurarsi che stia bene e viva un’esperienza di crescita. Ho visto figli rovinati dalla pressione che i genitori mettevano loro».
Cosa hai trovato nel basket che non hai trovato nelle altre attività praticate dalle tue figlie?
«Del basket mi piace la dimensione di squadra: a Bianca, che in precedenza aveva praticato sport individuali, ho consigliato la squadra perché penso che la condivisione sia indispensabile. Condividere vittorie e sconfitte, successi ed errori è importante nello sport come in azienda. Da genitore trovo sia un contesto molto formativo».